Le emozioni prima di tutto si vivono e si sperimentano, si conoscono.
“Per parlare di emozioni è necessario emozionarsi.”
Sembra un concetto che molti ritengono acquisito per se stessi. Invece no.
“Per parlare di emozioni è necessario accogliere emozioni. Tutte.”
Sembra un atto semplice ed automatico. Invece no.
Come quando uno impara NATURALMENTE una lingua: il bambino non impara per prime le regole grammaticali, bensì ascolta una cadenza, suoni, li fa propri, li elabora più volte e poi li produce, ne osserva gli effetti.
Come a scuola, talvolta, si imparano prima le regole e poi si fa esperienza, siamo soliti avere questo atteggiamento anche di fronte alle emozioni, come se si potesse imparare di loro tramite un libro o un relatore che parla e spiega.
NO.
Le emozioni si sentono, si sperimentano, si vivono, si relazionano, si masticano, si elaborano, si modellano.
E poi possiamo etichettarle, catalogarle, sezionarle, incasellarle.
Ecco perché tanti si aspettano una lezione didattica delle emozioni, “da cattedra”, e sono delusi o impacciati di fronte a chi vorrebbe farli mettere in gioco.
Ma bisogna giocare (metodo induttivo).
Partire dall’esperienza, perché ogni esperienza è soggettiva.
E l’esperienza che entra più nella pelle è quella diretta, non sempre e solo mediata dai nostri pensieri.
Semmai impariamo a collegare mente e corpo.
Perché quando le nostre emozioni non parlano parole
parlano comportamenti, sensazioni e se non le ascoltiamo parlano sintomi.
Impariamo a conoscerle dal di dentro.
Lasciamoci emozionare, lasciamo da parte l’atteggiamento “del professore”, viviamole.
Stiamo uniti in questa ricerca.
Ecco il senso profondo dei due incontri che terrò il 6 ed il 20 marzo a Badoere (trovi la locandina allegata).
Dovrò dare anche un po’ di teoria, perché siamo abituati a dare valore scientifico a questo, ma mi piacerebbe sempre più farti sperimentare, in modo che la teoria personale e specifica la creiamo dopo. Non prima.
Il 6 marzo vedremo insieme come creare momenti di BenEssere nella quotidianità, usando materiali poveri ed oggetti semplici.
Il 20 marzo sentiremo che la noia (quella buona) non toglie, ma aggiunge un momento creativo. E per creare intendo generare (senza aver sempre la pappa pronta).
Perché è facile chiedere e dare risposte. Più difficile farsi le domande.